IL RITUALE DEL MALE di Jean-Christophe Grangé
750 pagine | €19.90 cartaceo
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L'aria è malvagia sull'isola di Sirling, al largo della costa bretone. Un'aria salmastra, appiccicosa, in cui l'odore del mare si mescola alle immagini di un macabro rituale, al ricordo di un uomo, uno spietato serial killer dalla firma inconfondibile. L'Uomo Chiodo, però, ha smesso di colpire da più di quarant'anni. Nel 1971. A Lontano, nel cuore del Congo. Ma i segni di quei terribili omicidi emergono ora dal limbo del tempo in una base militare di fulgida tradizione. Il corpo di un giovane cadetto viene ritrovato all'interno di un bunker. I rilievi del medico legale non lasciano dubbi: il corpo è stato trafitto da centinaia di chiodi arrugginiti, gli organi asportati, gli arti orrendamente mutilati. A occuparsi del caso, stranamente, non è la polizia militare, ma la prestigiosa squadra Omicidi di Parigi, guidata dal comandante Erwan Morvan.
Forse una delle poche certezze di cui vado profondamente fiera e altrettanto sicura è l’amore per la lettura, il piacere profondo che sento sprigionare dentro di me quando mi abbandono letteralmente alla storia, ai suoi personaggi, ai suoi colpi di scena, inebriata dai particolari, intensi e sfuggevoli; particolari che sono chiamata a cogliere, afferrare e comprendere spinta da quell'indomabile curiosità e quella invincibile sete di sapere che mi spinge a divorare quelle pagine, capitolo dopo capitolo.
Ora capirete la mia difficoltà nel mettere in parole tutto quello che per me è mancato durante la lettura di Il Rituale del Male di Jean-Christophe Grangé. Quando mi si è presentata la possibilità di leggere il nuovo romanzo di colui che ha stravolto i confini ordinari del thriller europeo – devo essere sincera con voi! – sono letteralmente partita in quarta: la copertina era esaltante, la trama apparentemente intensa e promettente, poi il titolo… il titolo racchiudeva in sé quel pizzico di doverosa ed enigmatica oscurità che ogni thriller che si rispetti deve inevitabilmente condurre sulla sua scia.
In poche parole, sono stata narrativamente sedotta e abbandonata!
Badiamo bene, non è tutto da buttare in questo romanzo. A dispetto delle sue 750 pagine, Il Rituale del Male presenta una base solida e intrigante che si affaccia sulla soglia di un mistero affascinante e magnetico sotto alcuni punti di vista che non devono essere dati mai per scontati, ma, a parer mio e come tale totalmente sindacabile, mi sento di dire che quella stessa promettente base non è stata sviluppata nel modo migliore. Innanzitutto, parlando sempre da un punto meramente soggettivo, Il Rituale del Male non credo si possa far letteralmente rientrare nel genere thriller. Mancano dei particolari, manca l’enfasi, mancano quei colpi di scena assoluti ed imprevedibili, capaci di lasciare il lettore senza fiato. Da amante appassionata e fedele del thriller, abituata a divorare con animalesca bramosia gli appartenenti al genere considerato, mi sono trovata in difficoltà nel leggere e proseguire con naturalezza lungo determinate parti del romanzo; ho trovato alcune scelte stilistiche decisamente forzate e inutili al fine stesso della trama, altre, invece, semplicemente senza fondamento, come messe lì semplicemente per fare numero. Questo ha indubbiamente recato danno al ritmo.
Ripeto, sono fermamente convinta che 200-250 pagine in meno avrebbero giovato alla fluidità della lettura, impedendo al lettore medio di sentirsi quasi ingolfato durante la narrazione, non aiutato da uno stile linguistico a mio avviso eccessivamente prolisso e cadenzato e, ci tengo a precisarlo, faccio parte di quella categoria di lettori che ama le descrizioni e altrettanto perdersi letteralmente tra le quelle stesse righe, ma che almeno questo venga fatto con parsimonia ed oculatezza, altrimenti i rischi di cui sopra sono quanto mai inevitabili.
Ringrazio la casa editrice per la copia cartacea del romanzo
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