Li chiamano «cold case», e sono gli unici di cui posso occuparmi ormai. Casi freddi, come il vento che spira tra queste valli, come il ghiaccio che lambisce le cime delle montagne. Violenze sepolte dal tempo e che d'improvviso riaffiorano, con la crudele perentorietà di un enigma. Ma ciò che ho di fronte è qualcosa di più cupo e più complicato di quanto mi aspettavo. Il male ha tracciato un disegno e a me non resta che analizzarlo minuziosamente e seguire le tracce, nelle valli più profonde, nel folto del bosco che rinasce a primavera. Dovrò arrivare fin dove gli indizi mi porteranno. E fin dove le forze della mia mente mi sorreggeranno. Perché c'è qualcosa che, poco a poco, mi sta consumando come fuoco. Il mio lavoro, la mia squadra, sono tutto per me. Perderli sarebbe come se mi venisse strappato il cuore dal petto. Eppure, questa potrebbe essere l'ultima indagine che svolgerò. E, per la prima volta nella mia vita, ho paura di non poter salvare nessuno, nemmeno me stessa.
Mi chiamo Teresa Battaglia e sono un commissario di polizia specializzato in profiling.
Ogni giorno cammino sopra l'inferno, ogni giorno l'inferno mi abita e mi divora.
Poche parole in grado di racchiudere perfettamente la potenza narrativa che è in grado di esplodere dalla penna eclettica (e mai sazia) di Ilaria Tuti in modo vitale e pulsante, pressoché travolgente. Non una sorpresa per me (e nemmeno per voi se avete già avuto il piacere di leggerla) che in questo secondo romanzo non solo si conferma nella sua pura consistenza thriller, ma si arricchisce di elementi, di raffinate peculiarità, di accenti stilistici puntuali e coinvolgenti che non lasciano scampo.
Ritrovare Ilaria Tuti significa anche ritrovare il commissario Teresa Battaglia in un crescendo di intensità ed emozioni che abbracciano il genere letterario in questione, ma che sanno ancora spingersi oltre risultando sempre credibili, sfrontati e francamente irresistibili. È il caso della Ninfa Dormiente - un quadro interamente dipinto con sangue umano alla fine della seconda guerra mondiale - che condurrà Teresa e la sua squadra in luoghi ancestrali e poco conosciuti dove la razionalità troppo spesso si confonde con antichi credi, dimenticati riti e profonde ferite che non potranno essere dimenticate. Una ricerca negli albori della civiltà umana - dove la donna non era affatto rilegata in posizione marginale, ma rispettata e temuta anche nella sua perfetta fragilità - che porterà Teresa a fare i conti con il suo presente ed il suo doloroso passato, con una malattia che non le concede alcuna tregua e con imprevedibili rapporti umani capaci di prendere pieghe a dir poco inaspettate.
Tutto ciò che è possibile pretendere da un thriller l'ho trovato in questo romanzo. Quell'adrenalina narrativa che (troppe volte) in sua evidente mancanza è stata ragione di cocenti delusioni, nella Ninfa Dormiente riesce a dare sfoggio della sua più autentica bellezza, lasciando il lettore con il fiato sospeso, catturato da una trama che non ammette pause e che si lascia semplicemente divorare, fino all'ultima pagina. E divorare un romanzo come questo non significa solo lasciarsi catturare dal male che viene narrato o dal mistero che verrà chiaramente svelato, ma essere travolti da emozioni forti e profonde, personali e inarrestabili capaci di spingersi fino alla commozione che arriva all'improvviso, inaspettata e sorprendente come un pugno allo stomaco. Sì, ho letto un thriller ed ho pianto, non ve lo nascondo. E l'ho fatto perchè Ilaria Tuti racchiude in sè la completezza che solo pochissimi scrittori riescono a raggiungere.
Lo avevo appena accennato nella recensione di Fiori sopra l'inferno ed ora non posso che confermarlo a voce piena: Ilaria Tuti è la voce femminile italiana del genere thriller. Una scrittura così viva, reale e pungente capace di colpire mente e cuore senza alcuna difficoltà. Leggere Ilaria significa lasciarsi trascinare all'interno di una storia affascinante ed atipica, conquistati da quello stesso male di cui dovremmo avere timore e che, invece, sentiamo sempre più vicino, pagina dopo pagina. È un'empatia imperfetta, quasi incomprensibile, che mi sorprende e conquista, ancora una volta.
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