CUJO di Stephen King
384 pagine | 10.90€ cartaceo
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A Castle Rock, una sonnolenta cittadina del Maine, la vita scorre sui soliti binari. Cujo, il docile San Bernardo del meccanico, scorrazza libero per la campagna... finché, una notte, il suo padroncino, aprendo la porta del ripostiglio, non vede emergere dalle tenebre due occhi infuocati. Chi è la creatura diabolica che da quel momento comincia a seminare ovunque terrore e desolazione? E' forse Cujo che, diventato idrofobo, si è trasformato nell'incarnazione stessa del male?
Cujo è il primo romanzo ambientato a Castle Rock, cittadina immaginaria del Maine creata da King e dove sono stati ambientati alcuni dei suoi romanzi più significativi. Quella che ci viene raccontata è una storia essenzialmente semplice: Cujo è un adorabile cucciolo di San Bernardo di circa 100 chili che - a seguito di una sfortunata caccia al coniglio - si trasforma in una belva assetata di sangue. Nulla di straordinario o soprannaturale: rabbia, una malattia che non lascia scampo al suo portatore e a quanti ne saranno eventualmente contaminati.
O almeno così pare. Il romanzo, infatti, si apre con la descrizione dei crimini compiuti da un ex agente di polizia - Frank Dodd - affetto da evidenti disturbi mentali e sessuali, colpevole di aver ucciso almeno quattro donne tra il 1971 e il 1975 per poi morire suicida. Che sia il docile Cujo l'incarnazione stessa del male? O sventurata vittima una terribile malattia che sta facendo il suo corso?
Un dubbio che si insinua nella mente del lettore e che Stephen King non manca di stuzzicare in più occasioni, senza mai accennare più del dovuto. Quello che ho apprezzato maggiormente in Cujo, infatti, è stata la scelta di affiancare al concetto di malvagio e pericoloso qualcosa di plausibile e assolutamente reale come una malattia: in fondo, esiste qualcosa di più spaventoso della nostra quotidianità?
Molti dei personaggi portati in scena da King hanno incontri più o meno ravvicinati con Cujo e (in alcuni casi) questi sembrano avere il medesimo ed inesorabile epilogo. Mentre alcuni vengono lasciati in secondo piano con cambiamenti che sembrano quasi prendere le distanze dalla storia principale , altri - come Donna Trenton e suo figlio Tad - svolgono un ruolo diretto ed inevitabile, diventando sempre più centrali e coinvolgenti andando avanti con la lettura. Pur mancando con i personaggi quell'empatia spontanea che mi sarei aspettata di trovare, devo ammettere che la scelta di dedicare alcuni capitoli alla voce diretta di Cujo ha colto nel segno. E King - nello specifico - riesce a conferire al cane idrofobo una voce quasi umana in grado di conferire verità e dolore alle sensazioni provate e alle sofferenze patite, senza risultare mai esagerato o sopra le righe.
Percepire la sua iniziale forza di volontà e il testardo desiderio di domare il naturale istinto animale mi ha colta di sorpresa. Le parole scelte con immancabile precisione da King sono forti e di un impatto psicologico tale da rendere quei momenti così reali da percepirli quasi come propri, sfiorando quell'inattesa stretta al cuore che lascia con il groppo in gola. Sarebbe fin troppo facile descrivere Cujo come un mostro senza anima, soggiogato dagli avvenimenti e guidato da un implacabile istinto animale: ma è veramente così? Facendo vivere nella mente del suo lettore questo quesito e ravvivandolo al momento più opportuno, King riesce a dimostrarci (ancora una volta) come il confine tra il bene ed il male, tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato non sia affatto banale e netto.
Anzi, continua imperterrito a percorrere la sua tortuosa strada su di un fragile filo rosso pronto a spezzarsi da un momento all'altro. Quello che, invece, secondo me è mancato è un'attenzione più selettiva ai dettagli e alle descrizioni nella parte centrale della storia che rischiano di depistare la curiosità di un lettore non particolarmente abituato allo stile dello scrittore. Un vizio che King tende a riproporre in molti dei suoi romanzi e che tolgono quel pizzico di appeal che, altrimenti, avrebbe reso la storia decisamente più indimenticabile.
Non posso dire che Cujo sia tra i migliori romanzi del Re, pur rimanendo comunque una lettura interessante che sa coinvolgere il suo lettore e riesce a giocare in modo affabile e coerente con quel gene del dubbio tanto caro a noi amanti del genere. Un protagonista atipico che, al suo interno, ricopre un ruolo che corre ben oltre la paura e si affaccia su risvolti psicologici molto affascinanti.
A conti fatti potrei dire: « per fortuna io ho una gatta... »
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