83500 di Michela Monti
321 pagine | 12.00€ cartaceo
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ReBurning Prison, carcere di massima sicurezza, anno 2020 circa. Melice Redding è una condannata a morte, ma non ricorda il perché. La causa dell’amnesia è la separazione da sua figlia appena partorita e per questo Mel entra in stato di shock. Grazie a Gabriel uscirà dalla catatonia e, sempre grazie a lui, avrà la possibilità di tornare indietro, prima che il crimine per cui è condannata venga commesso. Melice viaggia nel tempo per rivivere il suo passato senza nessun ricordo dell’arresto, senza condizionamenti. Tutto procede regolarmente, fino alla notte di Halloween.
Non leggo molti distopici, ma bisogna pure ammettere che quando lo faccio ci prendo alla grande.
Melice Redding è una detenuta in attesa della pena capitale che - a differenza delle altre condannate - è ad oggi priva di memoria. Non ricorda nulla della sua vita precedente, nulla di chi era prima della detenzione e ancora meno della ragione che l'ha condotta fino al braccio della morte! Ricorda solo un nome, Sadie. E le sensazioni che naturalmente scaturiscono al solo pensiero di quella vita strappata dalle sue braccia con una brutalità che non può essere spiegata. Cinque lettere che per Melice bruciano come il sale su una ferita ancora aperta, che suonano potenti e feroci senza riuscire a trovare una valida ragione a quella costante mancanza. Ed è proprio a questo continuo pulsare nel mezzo di una ripetitiva atonia che si aggrappa Gab, il guardiano di anime. Un carceriere che costruisce con Mel un legame indubbiamente particolare, stuzzicante e complesso - ma che scopriremo solo alla fine - tanto da donarle il regalo più prezioso ed imprevedibile: il tempo!
Così ripercorreremo gli ultimi mesi della vita di Melice fino all'esatto istante in cui tutto è precipitato, riuscendo finalmente a trovare quelle parole in grado di coprire tutti i suoi silenzi. Riuscirà a cambiare il corso degli eventi? Potrà stringere al petto la sua piccola Sadie o sarà condannata - ancora una volta - all'oblio senza avere vie d'uscita?
Quando ti trovi a leggere il romanzo di una scrittrice che hai la fortuna di conoscere è quasi impossibile non scovare qualcosa di lei tra le righe di un paragrafo o tra le sfumature di un personaggio che - anche solo a tratti - risulta essere fin troppo familiare. Qui, in 83500 c'è tanto dell'ironia pungente e dissacrante della Monti. Un sarcasmo che non passa inosservato e che riesce a colorare con quel pizzico di ricercata originalità elementi più classici del genere in questione. Davanti ai nostri occhi, infatti, ci viene presentata una realtà alternativa assolutamente credibile e in cui non fatichiamo ad immedesimarci. Ci troviamo letteralmente travolti da emozioni forti e destabilizzanti che non scaturiscono dalle sue pagine in modo casuale, ma sono accompagnate da un ritmo crescente, da colpi di scena inseriti in tempi ideali e da scelte temporali che sono in grado di fare la differenza. Quel rapporto tra un passato che si trasforma in presente e un presente che diventa possibilità mi ha soggiogata, ammaliata e conquistata, semplicemente.
I personaggi sono caratterizzati in modo molto puntuale, quasi maniacale a volte (e di questo non posso che ringraziare sentitamente) senza mai lasciare nulla al caso. Ognuno di essi risulta essere fondamentale all'evolversi narrativo e la capacità di Michela di volgere a suo piacimento ogni più piccola sfumatura mi ha strappato ben più di un ghigno soddisfatto. Perché quando la mente viene catturata in una morsa che non lascia facilmente la presa, quando la tua testa punta in una direzione per poi essere inevitabilmente smentita, proprio allora ti rendi conto di avere davanti agli occhi davvero una bella storia. Una di quelle che sanno uscire dal gruppo e una di quelle che sai perfettamente che leggerai tutta d'un fiato. Sì, proprio una di quelle che sanno lasciarti con la bocca spalancata alla lettura di quella ultima, maledetta frase. Che ti fa incazzare, ovviamente!
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