MINDHUNTER di John Douglas con Mark Olshaker
380 pagine | 5.00€ cartaceo
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Il risultato? L'ho amato, fine della storia.
Va detto, non ci troviamo dinanzi al solito romanzo. Quello che ho letto (e che spero leggerete) potrebbe essere descritto come un approfondimento sul campo della psicologia criminale ad opera di chi ha dato nome, fattispecie e concretezza al criminal profiling e al termine stesso di serial killer. Come citato più volte dallo stesso Douglas, dare la caccia ad un omicida seriale significa entrare nella sua mente, comprenderne il modo di pensare e carpirne i ragionamenti per quanto folli, perversi e complessi possano sembrare. E questo è esattamente il modus operandi ideato e reso in pratica da Douglas ed i suoi collaboratori: avere colloqui in carcere con i detenuti che si sono macchiati di crimini seriali per riuscire a designare un profilo sempre più dettagliato in modo da anticipare le mosse dei serial killer che verranno.
Una scelta coraggiosa e non immune da costanti critiche che ha avvicinato John Douglas a personalità criminali di rilievo come Ed Kemper, Ted Bundy, Charles Manson e molti altri. Una continua lotta tra bene e male, tra cosa è giusto e cosa è sbagliato tale da condurlo allo stremo delle forze e spingerlo - in più di qualche occasione - ben oltre il limite dell'umanamente accettabile. A questo punto, è giusto un piccolo disclaimer: leggere Mindhunter non è affatto semplice.
John Douglas, infatti, racconta quella che è diventata per lui una vera e propria missione professionale attraverso descrizioni molto specifiche che non lesinano dettagli e che permettono di far rivivere momenti di follia, di terrore e dolore fisico partendo proprio dalla testa di chi ha concepito quegli stessi crimini. Ci si rende presto conto di come alla base ci siano caratteristiche comuni quali circostanze sfavorevoli, infanzie difficili, figure femminili dominanti e punitive capaci di trasformare le pulsioni naturali del soggetto in questione da bizzarre a pericolosamente letali.
In egual modo, Douglas spiega come sia essenziale immedesimarsi nel ruolo di vittima e tentare di provare quelle medesime sensazioni di perdita e cieco terrore con la consapevolezza che nessuno verrà mai in nostro soccorso. Vi assicuro che non esiste romanzo thriller o film d'horror in grado di trasmettere la stessa opprimente paura che si prova leggendo queste pagine. Perché non ci troviamo di fronte ad un terrore frutto dell'acuta immaginazione umana, ma siamo al cospetto della realtà e di una follia che - dalla bocca di chi l'ha resa tale - ci viene presentata come pura e semplice normalità.
Manca il respiro, davvero. E per me questo vale come consiglio di lettura per quanti si sentano pronti ad affrontarla. Non c'è altro modo di parlare di Mindhunter se non attraverso i propri occhi, leggendo una testimonianza quanto mai diretta ed inequivocabile che affascina e sconvolge al tempo stesso.
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