LO CAPISCE ANCHE UN BAMBINO di Mattia Zecca
228 pagine | €16.00 cartaceo
Feltrinelli | Link Affiliato Amazon
“Un figlio è sempre una scoperta che muta la geografia del tuo mondo.” E il mondo che questo libro invita a esplorare è quello raccontato dalla voce di un padre, ma osservato con gli occhi di Lorenzo e Martino, due bimbi che condividono la stessa cameretta, la stessa storia di amore, determinazione e cura e, soprattutto, gli stessi genitori: papà Mattia e papà Nicola. È la storia vera, insomma, di una famiglia come le altre: una famiglia felice che, convinta di essere trasparente, una tra le tante, scopre invece di essere invisibile. Perché se l’amore ignora sempre le leggi della fisica e della biologia, la legge talvolta ignora l’amore. A Lorenzo e Martino, infatti, che di genitori ne hanno due, l’ordinamento italiano ne riconosce solo uno per ciascuno. L’altro, per le istituzioni, non è che un mero convivente. Lorenzo e Martino, per la legge italiana, non sono fratelli. “Per il nostro Paese noi siamo quattro simpatici coinquilini che si vogliono tanto bene e che, se trovassero un buon portiere, potrebbero formare un’ottima squadra di calcetto a cinque. Se solo papà Mattia e papà Nicola sapessero giocare a pallone.” Con una scrittura delicata e profonda, Mattia Zecca racconta una storia personale ma anche collettiva, che ci riguarda come figli prima ancora che come genitori, nel nostro diritto assoluto di essere visti per quello che siamo. E, in fondo, getta luce sull’unico senso intimo e universale del desiderio di costruire una famiglia: “Essere genitori è prima di tutto un’occasione: quella di essere i bambini che non siamo mai stati, o che non siamo stati abbastanza, o che non siamo stati come avremmo realmente potuto o desiderato. Essere genitori vorrebbe dire, insomma, tornare bambini, ma imparando a esserlo meglio”.
Ho voltato l'ultima pagina di questo romanzo con le lacrime agli occhi, le guance bagnate, il respiro trattenuto a fatica e un peso sul cuore che fatico a descrivere anche in questo momento. Lo capisce anche un bambino di Mattia Zecca è la storia di una famiglia, è il racconto di un amore che nasce, cresce e si moltiplica, è la testimonianza di come i bambini riescano a comprendere, vivere e spiegare quello che molti adulti cercano - invano - di distruggere.
A colpirmi a primo impatto è stato il titolo. Lo capisce anche un bambino è proprio quell'affermazione che usiamo spesso per spiegare - ad un interlocutore particolarmente ottuso - qualcosa di così semplice, elementare, evidente che, dai, lo capirebbe anche un bambino. E cosa c'è di più semplice da capire dell'amore? La mazzata, invece, è arrivata circa a metà romanzo quando, per puro caso, mi sono soffermata sul sottotitolo: storia di una famiglia inconcepibile e lì, ragazzi miei, al sentimento di emozione e tenerezza e ad un'espressione sorridente e leggera si è sostituita la rabbia per un'ingiustizia che non può più essere tollerata, per un odio che continua ad essere nutrito sotto i nostri occhi, giorno dopo giorno. Ma, ci tengo a sottolinearlo, nessuno di noi nasce omofobo, nessuno di noi nasce razzista. No, i bambini non sono fatti per queste cose: sono aperti e curiosi, non si lasciano incantare da parole negative o slogan populisti, si fidano, amano interagire, si lasciano attrarre, si contaminano senza alcun pregiudizio, non si fanno fregare.
Siamo noi adulti a plasmare il presente con l'odio e la discriminazione, con parole che crediamo sfuggevoli e che, invece, rimangono lì, ancorate a qualcosa che ancora deve trovare la sua forma. Siamo noi a mettere quel seme marcio nel loro cuore perfetto.
È la storia di una famiglia, dicevo. Quella di Mattia e Nicola che si sono incontrati e cercati, trovati e amati come tantissime altre coppie ogni giorno. A cui, poi, si è aggiunto Lorenzo e - qualche anno dopo - Martino. Due papà che hanno deciso di esserlo, maturando una decisione che si è trasformata in desiderio diventando, poi, realtà grazie a due donne molto speciali. Perchè questo romanzo non parla solo dell'amore, ma anche del coraggio e dell'altruismo. La gestazione per altri - conosciuta con il termine gretto e quasi mercifico di utero in affitto - credo sia il gesto di altruismo più grande di questo mondo: dare la vita per la vita. E non tutti possono farlo e troppi non riescono a capirlo.
Gli eroi sono tutti quelli che, genitori, avrebbero voluto diventarlo,
ma il tempo, gli incontri e la vita non sono stati d'aiuto.
Proprio da questa frase - a pagina 191 - sono sgorgate lacrime silenziose che non si sono più placate fino alla fine, epilogo compreso, e anche adesso stanno scendendo di nuovo. E trovo vergognoso per un paese che si professa civile come il nostro che bambini come Lorenzo e Martino per la legge non siano nemmeno considerati fratelli. Trovo vergognoso il modo in cui Mattia e Nicola sono stati trattati da quella stessa legge che avrebbe dovuto dare peso ai loro diritti, messi quasi sul banco degli imputati, fatti sentire - ancora una volta come se ce ne fosse davvero bisogno - sbagliati e diversi. Domande che suonavano come accuse, appunto, come capi d'imputazione da cui doversi difendere, portare documentazioni e prove di una genitorialità evidente agli occhi di tutti, eppure resa invisibile perché circondata da un pregiudizio puerile, superiore e privo di alcuna giustificazione. E io provo vergogna per quanti ancora si ostinano a portare addosso la bandiera della normalità e privandosi del cuore e della coscienza. Quindi, spiegatemelo voi, dove la vedete questa diversità?
Non negli occhi follemente innamorati di Lorenzo che per addormentarsi si aggrappa alle magliette dei suoi papà quasi fossero un'ancora di salvataggio. Non nelle notti insonni, nei pannolini cambiati, nella favole raccontate prima della buonanotte. Certamente non negli abbracci o nelle coccole, nella pazienza che a volte sembra venire meno, ma che, poi, un sorriso riesce a farti capitolare del tutto come fosse la cosa più preziosa di questo mondo. Le parole che accompagnano questo romanzo sono istantanee di vita e di amore con le imperfezioni e le naturali difficoltà di una famiglia che non può essere negata perché c'è, esiste e si batte insieme. E la mia speranza è che la gente possa rendersi conto di quanto il pregiudizio faccia schifo e di come quel velo che vi è stato imposto sia non solo privo di alcun fondamento, ma produca in persone innocenti - esattamente uguali a voi - un male profondo che molte volte non si vede, ma che si propaga, si moltiplica e può anche distruggere, nel peggiore dei casi.
Vorrei che apriste il vostro cuore una volta tanto e vi lasciaste guidare dalla bellezza e dall'amore, ma anche dalla rabbia e dalla profonda ingiustizia che vengono fuori da queste parole. Mattia, Nicola, Lorenzo e Martino è stato un privilegio per me potervi conoscere!
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